Il «ministro della Cultura» del Vaticano, monsignor Gianfranco Ravasi, in un’intervista al Corriere della Sera dice che non sempre vengono rispettati i limiti che distinguono le terapie necessarie da quelle inutili e che molti medici vanno oltre le cure indispensabili sottoponendo i pazienti a terapie oppressive destinate a rivelarsi senza esito. Secondo Ravasi “quando un malato si sta avviando alla fine della vita vanno evitati gli esami eccessivi e le cure troppo invasive. Non bisogna mai ferire la custodia della vita, ma neppure la sua dignità.”
In pratica, quando viene portato in Pronto Soccorso un paziente in fase terminale ci chiediamo cosa e quanto dobbiamo fare e se è giusto impegnare tutte le risorse e le possibilità diagnostiche e terapeutiche in tale situazione. Il dubbio è solo teorico, dura un attimo, perché si fa tutto quello che c’è da fare di fronte ad una persona sofferente, anche se senza speranza. Forse di fronte ad un giovane in pericolo di vita c’è più frenesia, più agitazione, i tempi sembrano più brevi e la concentrazione è al massimo.
Ritengo che se i familiari del paziente hanno richiesto l’ambulanza, che se il medico del 118 ed eventualmente anche il medico curante hanno deciso di portarlo in Ospedale, non c’è nessun dubbio che tutto vada fatto (anche se potrebbero esser considerati “ esami eccessivi e cure troppo invasive”). Si fa tutto (troppo?) ma sempre nel rispetto della dignità della persona.
Quando il paziente o i suoi familiari chiedono un mio intervento non potrei mai dire “No, sarebbe una cura spropositata”.
Salute e …peggio nun nisse.