Secondo i dati pubblicati dall’Airtum e riportati su L’espresso in edicola questa settimana crescono del 2 per cento l’anno le neoplasie infantili in Italia, con alti picchi in prossimità di aree industriali o inquinate.
Il trend in Italia è doppio rispetto a quello europeo, addirittura cinque volte più alto rispetto ai tassi americani. Non si può spiegare la tendenza con la diagnosi precoce e le nuove tecniche che permettono di cercare le malattie con strumenti più raffinati rispetto al passato, in quanto equivarrebbe sostenere che tedeschi, francesi e svizzeri (dove l’incidenza è più bassa) sarebbero meno bravi di noi a individuare il male.
Agli inizi del XX secolo, i tumori erano relativamente rari: solo 3 persone su 100 morivano di cancro. Ora sono 35 su 100. È vero che essendo il tumore una malattia degenerativa esso è diventato più frequente con il prolungarsi della vita media. Ma perché si ammalano i bambini, i ragazzi? E perché i tumori in età pediatrica sono in aumento?
Per ogni cancro ci sono diversi fattori di rischio possibili, e tutti lavorano insieme ad avvelenare l’organismo. Gli epidemiologi invitano a non trarre conclusioni affrettate, ma quasi nessuno nega che tra i maggiori sospettati ci siano l’inquinamento, i pesticidi e la contaminazione della catena alimentare.
I bambini inoltre sono più vulnerabili degli adulti agli effetti nocivi dei fattori ambientali; il loro metabolismo e i loro bisogni energetici fanno sì che, proporzionalmente al loro peso, essi inalino più aria e assorbano più liquidi e più nutrimento degli adulti.
Secondo Donato Greco (fino a qualche settimana fa direttore del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie del ministero della Salute, sostituito dall’attuale governo da Fabrizio Oleari) “si sta delineando un cambiamento nella visione stessa della prevenzione. L’obiettivo per cui il Centro ha sempre lavorato è stata l’estensione, su tutto il territorio nazionale, di misure di prevenzione primaria. Oggi invece i rappresentanti del ministero preferiscono parlare di ‘predizione clinica’. Il che, tradotto, significa privilegiare la diagnosi precoce da attuarsi mediante ricorso a tecnologie avanzate“.
In pratica, più che prevenire l’insorgenza stessa della malattia, la nuova filosofia sarebbe quella di ampliare al massimo la popolazione che ha accesso alla diagnosi precoce, per intervenire il prima possibile, ma solo quando il paziente è già malato.
Salute e …peggio nun nisse.
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