Ieri sera in pizzeria tra un argomento e l’altro si è parlato di filosofia, che è amore per la sapienza, la disciplina che si occupa di studiare e definire i limiti e le possibilità della conoscenza e, in generale, dell’esistenza dell’uomo.
«Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l’addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.» (Aristotele, Protreptico o Esortazione alla filosofia)
Si è parlato in particolare di Sant’Anselmo, che fu autore di molte opere, tra le quali il De casu Diaboli (La caduta del Diavolo) composto fra il 1080 e il 1085 dove indaga il mistero del male, da lui concepito come il distacco originario di un’intelligenza angelica dal Sommo Bene, ovvero da Dio. Il filosofo precisa che il male è sempre sofferenza; alcune volte è nulla (come la cecità), altre volte invece è qualcosa (come la tristezza e il dolore). Per questa ragione, nell’udire il nome male, non temiamo il male che è nulla, ma il male che è qualcosa, in quanto conseguenza dell’assenza del bene.
Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa stia dicendo: questa è filosofia. (Voltaire)
Ieri sera la domanda che si è fatti è stata: – è meglio il male o il nulla?
Per rendere più comprensibile la questione, c’è stato chi ha proposto questo esempio:
il male
il nulla
Il dibattito è ancora aperto…
Salute e …peggio nun nisse.
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