Medice, cura te ipsum

Il burnout è una sindrome caratterizzata da stress lavorativo, esaurimento (tensione emotiva, ansietà, irritabilità oppure noia, apatia, disinteresse), conclusione difensiva (distacco emotivo dal paziente assistito, cinismo, rigidità). Il fenomeno riguarda in Italia il 30% dei medici con più di 50 anni. Praticamente 1 su 3. A farne le spese sono soprattutto anestesisti, chirurghi, ginecologi e medici del pronto soccorso, in maggioranza uomini (nell’80% dei casi). Tutti medici sottoposti a grande stress. Molti lavorano 50-60 ore a settimana, ma il sovraccarico non è solo di fatica: c’è quello emozionale e, sempre di più, c’è il peso della burocrazia e dei conflitti tra colleghi. A tutto ciò si sommano fattori culturali che rendono più difficile per i dottori chiedere aiuto. Circa il 99% dei camici bianchi in difficoltà non vuole o non sa a chi rivolgersi. Di questi il 45% si auto-cura. E resta al lavoro.

Le conseguenze di questo quadro clinico non possono non riflettersi anche sull’attività medica. Aumenta ad esempio il rischio di ferirsi con un bisturi, o di pungersi con una siringa. A rimetterci è anche il rapporto con il paziente. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che un medico stressato non solo è meno disponibile al dialogo, ma rischia più facilmente di commettere errori, anche fatali.

Sono almeno 5 mila i medici italiani che, smarriti e sotto stress, si rifugiano in alcol e droghe, soprattutto cocaina.

Salute e …peggio nun nisse.

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